UFFICIO STAMPA
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
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Papa Francesco e l'affettuosa vicinanza
al mondo degli alpini

L’Associazione Nazionale Alpini accoglie con immensa tristezza, unendosi al cordoglio mondiale, la notizia della morte di Papa Francesco. Instancabile assertore dei valori della pace, della solidarietà e della convivenza tra i popoli, il Sommo Pontefice ha sempre dimostrato affettuosa vicinanza al mondo degli alpini. Lo aveva confermato solennemente nell’udienza concessa alle penne nere in Vaticano nel febbraio del 2022, in concomitanza con il 150° anniversario di fondazione del Corpo degli alpini.

In quell’occasione aveva incontrato una folta delegazione dell’Ana, con l’intero Consiglio direttivo nazionale e, rivolgendosi agli alpini aveva detto: “Non siete rimasti spettatori durante i momenti più difficili, siete stati e siete coraggiosi protagonisti del tempo che vivete. Questa concretezza nel servire, anima del vostro sodalizio, è Vangelo messo in pratica”. Il Successore di Pietro aveva sottolineato come fraternità e servizio siano i caratteri che descrivono bene l’identità degli alpini.

Negli interventi di soccorso, aveva aggiunto il Papa, gli alpini sanno porre “anche e soprattutto il calore umano, una presenza-accanto. Una presenza tenera… A me colpisce la tenerezza del cuore alpino, un uomo forte ma nei momenti della vita più forti viene quella tenerezza. Forti ma teneri”.

“Non si è Alpini per sé stessi, ma per gli altri e con gli altri”, aveva detto poi il Pontefice, aggiungendo “oggi, nel soffocante clima di individualismo che rende indifferenti molti, c’è bisogno di ripartire da qui, di ritrovare l’entusiasmo di prendersi cura degli altri. La vostra testimonianza è storica e attuale”.

Durante quell’incontro l’Ana aveva deciso di offrire 10mila ore di lavoro volontario a favore dell’Associazione Rondine Cittadella della Pace, ore che poi sono diventate nei fatti molte di più.
“Nel nome di Papa Francesco, onorando la sua memoria e seguendo il suo dettato – ha detto il presidente nazionale dell’Ana Sebastiano Favero – ci impegniamo a rimanere sempre in cammino, custodendo e accrescendo il nostro patrimonio di fraternità e di servizio, perché l’Associazione rimanga una grande famiglia unita e protesa al bene altrui”.

 

Ad ottant’anni dalla fine del Secondo conflitto mondiale, mentre il mondo sembra aver tratto ben pochi insegnamenti dalla storia, ci accingiamo a celebrare il 25 Aprile.

Una celebrazione che assume una rilevanza se possibile ancora maggiore: la liberazione dall’oppressione nazi-fascista fu una azione corale, che portò in montagna quanti volevano garantire alla Patria un futuro di civiltà e democrazia: erano giovani uomini, col prezioso supporto di tante donne, provenienti dal mondo cattolico, dagli ambienti liberali, socialisti e comunisti e dai reparti delle forze armate che si ribellavano al giogo delle dittature. Tra questi ultimi numerosissimi furono gli alpini: le testimoniano le 62 Medaglie d’oro al valore concesse alle penne nere che si batterono nella Resistenza.

Lo fecero tutti rischiando e soffrendo, ma soprattutto combattendo, perché l’aspirazione alla libertà richiedeva in quel momento anche le azioni più coraggiose.

L’Associazione Nazionale Alpini onora dunque la memoria di quanti lottarono per la libertà, rischiando, soffrendo, morendo. E lo fa consapevole che oggi più che mai i suoi valori di amicizia, fratellanza e solidarietà sono pilastri su cui reggere la convivenza pacifica e democratica, difendendola contro chiunque con qualsivoglia pretesto voglia opprimerla.

Un insegnamento che ci viene proprio da figure luminose di alpini, a cominciare dal Beato Teresio Olivelli, ufficiale alpino in Russia e partigiano tornato in Patria, andato incontro al supremo sacrificio nei lager nazisti.

Per questo ci stringiamo attorno ai nostri valori, ponendoci col consueto spirito al servizio delle nostre comunità. E issando il Tricolore su tutte le nostre Sedi, per onorare la Patria, che sa di poter contare sempre sulle penne nere.

Viva la libertà, dunque, viva l’Italia e viva gli Alpini.

 

Sebastiano Favero 
Presidente dell’Associazione Nazionale Alpini

 

 

 
 
 

 

 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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« Da quei carri si levava l’urlo implorante “vadà! Vadà!” (acqua! Acqua!). Io so che cosa accadde sulla tradotta ove mi trovavo, che fece scalo alla città di Vladimir. Lungo il tragitto, durato circa quindici giorni, le scorte aprivano i vagoni solo per scaricare i morti: li buttavano giù sul marciapiede ghiacciato. Il rumore dei loro crani che battevano a terra è un altro incubo per la mia memoria. Allo scalo di Vladimir scaricarono circa cinquecento cadaveri che vennero sepolti in una fossa comune che ora è diventata un parco pubblico»

(Gen. Martini, prigioniero del campo Suzdal)

 
 

 
 
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Ultimo aggiornamento:11marzo 2025

 
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