Otto righe qua, una quindicina là, una colonnina nelle
cronache locali... È umiliante, per chi ama gli alpini e vede in
loro i più instancabili, generosi, eroici protagonisti di tutti
i soccorsi dopo ogni calamità, sfogliare i giornali di questi
giorni alla ricerca di qualche spazio sulla commemorazione di
Nikolajewka. Macché. Una disfatta, per chi puntava a usare
strumentalmente la ricorrenza. Perfino l’ultimo numero de
l’Alpino, la rivista del corpo, di fatto, è rimasto silente.
Perfino l’editoriale del suo direttore titolato «Ognuno ci
crede»: mai nominato il 26 gennaio, mai Nikolajewka... Zero
carbonella. Pensavano d’essere dei furboni, i parlamentari della
destra che tre anni fa, annusando la trionfale vittoria di
Giorgia Meloni, invece che scegliere come giornata annuale degli
Alpini il 15 ottobre, che sarebbe caduto nel 150° anniversario
della fondazione del corpo nel 1872, pretesero la ricorrenza
della battaglia sul fronte russo del ‘43. Anniversario che
cadeva esattamente, guarda caso, il giorno prima della Giornata
della Memoria dell’Olocausto. E c’è chi ricorda le ironie sui
deputati e senatori di sinistra che, «sbadatamente» (!), se ne
accorsero troppo tardi. E solo perché su Oggi e sul Corriere ne
scrisse Liliana Segre: «Quando il Senato ha approvato
l’istituzione di questa Giornata, purtroppo ero assente per il
Covid. Se ci fossi stata, avrei detto che proprio per l’affetto
che porto agli Alpini quella data è sbagliata. È vero che nella
battaglia di Nikolaevka, in cui si affrontarono le truppe
sovietiche e quelle italiane e tedesche in ripiegamento, il
sacrificio degli Alpini fece sì che almeno una piccola parte
delle forze del Regio esercito rientrasse in patria. Ma fu
un’impresa onorevole nel contesto di una guerra disonorevole
voluta dal fascismo: l’invasione di uno Stato sovrano, allora
l’Urss, al fianco della Germania nazista. Inoltre si arriverebbe
al paradosso di ricordare il 26 gennaio una battaglia
dell’esercito nazifascista e il 27 gennaio le vittime della
Shoah». Parole di saggezza. Condivise, tra gli altri, da gran
parte degli storici, da decine di ufficiali degli Alpini in una
lettera a Mattarella e dal maestro (e alpino) Bepi De Marzi che,
oltre a Signore delle cime, ha scritto Nikolajewka.
Fu un errore, quella scelta. Cambiare la data tornando al 15
ottobre sarebbe solo buon senso. Per permettere a tutti ma
proprio tutti gli italiani di celebrare come meritano, con tutti
gli onori, quegli alpini così amati.
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