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Lapide del monumento agli Alpini del battaglione Piemonte sulla vetta del Monte Marrone Lapide Monte Marrone Alpini italiani del battaglione "Piemonte" in marcia verso la vetta. Alpini italiani del battaglione "Piemonte" nella zona di Monte Marrone. Monumento agli Alpini del battaglione Piemonte sulla vetta del Monte Marrone. La croce con l'aquila che spicca il volo. Lapide posta nel 1984 sulla casa dove ebbe sede lo stato maggiore. Fotografia dell'intera cresta di Monte Marrone. Alpini italiani del battaglione "Piemonte" nella zona di Monte Marrone. Lapide commemorativa I Rag. Motorizzato e del Corpo Italiano di Liberazione. Il maggiore Alberto Briatore, comandante del battaglione “Piemonte”. Il trasporto del pezzo da 75/13 su Monte Marrone. Alpino del battaglione "Piemonte" di vedetta su Monte Marrone. Gli itinerari seguiti dalle tre compagnie del battaglione “Piemonte” nella notte fra il 30 ed 31 marzo 1944. 31 marzo 1944, la pagina del diario del Battaglione “Piemonte”. Schizzo topografico dell'operazione del 31 marzo 1944 su monte Marrone. how to use jquery lightboxby VisualLightBox.com v6.1
 
 

La conquista di Monte Marrone

 


 

Oggi ai piedi di monte Marrone si può tranquillamente arrivare in auto, fino al monumento di colle Rotondo, a pochi chilometri da Castelnuovo al Volturno, eretto in memoria dei soldati e dei caduti italiani, che dal febbraio al maggio 1944 occuparono questo tratto della Linea Gustav.
Quando però si arriva in quel punto, è gioco forza alzare lo sguardo verso la vetta e la montagna si trasforma in un Ciclope, sotto la cui mole si diventa piccoli come formiche.
Malgrado la sua altezza massima di 1.770 metri non sia niente di eccezionale, la cresta, lunga più di un chilometro, appare come un susseguirsi di guglie, canalini, dirupi, precipizi minacciosi e lontani: dalla base del monte per arrivare in cima bisogna infatti superare 700 metri di dislivello! Dal basso è difficile immaginare che la parte orientale della cresta si trasformi in una serie di facili declivi erbosi fino a raggiungere la vicina ed attigua vetta di monte Mare (2.021 m.).Da lassù si dominano l’alta valle del fiume Volturno, il monte San Michele e il monte Castelnuovo ad est, e buona parte della catena delle Mainarde, a sud-ovest. Sostando davanti al monumento, nel silenzio che è proprio di quel luogo, è persino difficile pensare che sia stato contaminato dalla furia della guerra, ma anche che il monte possa essere stato conquistato in una sola notte, grazie ad una magistrale arrampicata di centinaia di uomini...

Quando gli Alpini arrivarono alle falde di Monte Marrone, tutti si stupirono del fatto che quella montagna minacciosa che li sovrastava fosse ancora nelle mani dei tedeschi. In effetti il 13 febbraio, il generale Guillaume aveva elencato in un documento le possibili azioni offensive da intraprendere: "La prima azione, ad effettivi ristretti, si poteva svolgere in direzione nord avendo per obbiettivo la conquista di Monte Marrone-monte Mare per privare il nemico di tali importanti osservatori." (1)
Il generale Utili aveva offerto i propri reparti per l’impresa che sembrava ormai prossima, ma il 10 marzo il generale Guillaume avvertì che il C.E.F. avrebbe lasciato le sue posizioni e che il I Raggruppamento sarebbe passato agli ordini del 2° Corpo polacco. (2)
Il generale Guillaume avvertì anche che l’azione su Monte Marrone sarebbe stata rinviata ed il coordinamento passava al comando del 2° Corpo Polacco ed in particolare a quello della 5a divisione di fanteria. Dai primi incontri con i Polacchi, questi si dimostrarono entusiasti del piano italiano e garantirono ogni appoggio possibile specie da parte della loro artiglieria, tanto che il 24 marzo, nonostante una nevicata, le compagnie del battaglione "Piemonte" iniziarono gli spostamenti necessari. (3)
Nella giornata del 30, vigilia dell’azione, la 1a compagnia raggiunge la base di partenza; un pezzo della batteria venne issato sul monte Castelnuovo, conquistato il 23 febbraio dal IX battaglione d’assalto; il comando della batteria e gli altri tre pezzi vennero dislocati a quota 1193. (4)
L’azione iniziò alle 3,30 del 31 marzo.

Dal diario del battaglione:
"Alle 3,30 ha inizio l’azione. Fra le 5,30 e le 6,15 i nuclei esploranti delle compagnie raggiungono la cresta occupandola di sorpresa; ad un’ora di distanza raggiungono gli obbiettivi anche gli elementi successivi. L’azione si svolge con regolarità e precisione cronometrica. Durante tutta la giornata continua il lavoro dei portatori per far affluire sulle posizioni il materiale e le munizioni occorrenti. Un alpino si ferisce per un accidentale colpo di arma da fuoco, un altro si ferisce cadendo da un roccione." (5)

Tutto qui, sì tutto qui, ma per apprezzare il gesto occorre pensare che le tre colonne in cui fu diviso il battaglione dovettero superare un dislivello di circa 700 metri, al buio completo. Ogni uomo, oltre all’armamento ed all’equipaggiamento individuale, portava uno zaino con un carico di circa 40 chili, perché tutto doveva essere trasportato a dorso d’uomo: viveri, munizioni, attrezzi, mitragliatrici, fucili mitragliatori e mortai. Altro che "non fare la guerra"... .
Gli Alpini erano preceduti dai plotoni esploratori, fra i quali alcuni valdostani, a cui competeva trovare il percorso migliore e, in alcuni punti con difficoltà di 2° e 3° grado, assicurare le corde con le quali issarsi.
Alle 6,15 i primi esploratori erano sulla cresta ed entro le 7,15 i fucilieri erano già disposti a difesa, mentre il grosso si dava da fare a scavare postazioni, stendere filo spinato, riempire sacchetti a terra.
All’alba tutto era pronto e la 1a e la 2a compagnia si distribuirono lungo la linea di difesa, mentre alla 3a fu affidato l’incarico di continuare l’opera di rifornimento.
L’azione era riuscita perfettamente anche grazie all’attento esame della montagna eseguito nei giorni precedenti dagli addetti all’osservazione.
In un rapporto, il sottotenente Andrea Pingitore, della 3a compagnia aveva scritto:
"Spiccano nettissime tre punte (la più bassa a sinistra, circa 1600 m.s.m. = la più alta a destra, 1770), con strapiombi calcarei rossicci di 200/300 metri, difficilissimi. La parete Est è solcata da 3 grandi canaloni in taluni punti boscosi e da svariati canalini ripidissimi, di neve e ghiaccio, che portano diretti in cresta.
Il canalone più grande, a sinistra, non presenta speciali difficoltà; trecce di sentiero alla base, attacco visibilissimo. Uno, due metri di neve dura, salita in ramponi, discesa in scivolata. Esce in bosco, sulla sella fra la prima e la seconda quota (da sinistra a destra).
Il canalone al centro, più stretto, obliqua verso la 1770, la quota più alta, ed esce sulla selletta a destra, la più interessante. Si sale sul bordo destro del canalone. Neve dura e ghiaccio = ramponi e piccozza = discesa con prudenza.
A metà percorso, dal bosco sinistro si biforca un arditissimo canalino di ghiaccio e neve, con rocce affioranti; che sale alla 1770. Cordata di tre elementi = ramponi = piccozza ed attrezzatura da roccia. Passaggi di terzo e quarto grado, via da attrezzare come eventuale itinerario di ripiegamento.
Il canalone di destra si restringe sovente, supera subito un salto di roccia di circa 100 metri, ed esce in ripido bosco, sull’orlo della parete Nord. Salita in ramponi e discesa in scivolata nel solco centrale. Due passaggi obbligati di 1° e 2° grado.
Cresta facile da percorrersi a Nord, difficile dalla selletta sotto 1770 a tutto il resto del percorso. La 1770 è attrezzata con circa 250 metri di corda fissa, ininterrotta, e l’osservatorio del costone Nord con altri 48 metri. Chiodoni in ferro dolce, con occhiello fisso. (6)

I tedeschi reagiscono
E i tedeschi? Si fecero vivi il 2 aprile con una pattuglia che osservò da 800 metri, andandosene dopo i primi colpi di mortaio. (7)
Nella notte fra il 3 ed il 4 aprile invece, un’altra pattuglia si avvicinò a meno di 20 metri dalle postazioni della 1a compagnia, innescando una vivace reazione. Un caporale ed un soldato tedeschi feriti rimasero sul terreno e vennero catturati; furono rinvenuti un fucile mitragliatore, due mitra, un fucile, 5 bombe a mano, un binocolo e munizioni varie. (8)
Nei giorni seguenti le postazioni vennero migliorate, furono piantate tende, preparati ricoveri, aumentate le difese con filo spinato e mine, ma se gli Alpini erano riusciti nell’impresa non furono da meno gli Artiglieri alpini. Un pezzo era già stato piazzato su monte Castelnuovo ed un altro fu issato fin sulla vetta di Monte Marrone. Costò una fatica terribile, issato a mano con l’aiuto di corde ed un cavo d’acciaio.
Soltanto il 10 aprile, i tedeschi tentarono con un colpo di mano di riprendere la cresta.

Dal diario del battaglione:
"Alle ore 3,25 del giorno 10 aprile 1944 le vedette avanzate della 1a compagnia schierata tra la q. 1770 di M. Marrone e la selletta a Nord della quota stessa udivano rumori sospetti provenienti dal bosco antistante.
La visibilità era nulla a causa dell’oscurità e della fitta nebbia. Poco dopo lo scoppio di una mina confermava il sospetto che si trattava di un attacco nemico. Dato l’allarme le truppe si schieravano prontamente nelle loro posizioni. Alle ore 3,30 cadevano sulle nostre linee colpi di artiglieria, di mortai e di bombe lanciate con fucili lanciabombe; subito dopo avveniva l’assalto nemico accompagnato da fuoco di armi automatiche. I tedeschi si slanciavano contro le nostre posizioni al grido di assalto e malgrado la pronta reazione di fuoco delle nostre armi un’aliquota di essi riusciva a superare la cintura dei reticolati e ad infiltrarsi nella nostra organizzazione difensiva ove si accendeva una mischia violenta a colpi di bombe a mano e con tiri di moschetti automatici. Il pronto intervento dei pochi elementi di manovra ed in special modo degli esploratori e di una squadra fucilieri della terza compagnia riusciva a respingere gli attaccanti che, approfittando dell’oscurità del fitto bosco, ripiegavano precipitosamente sulle posizioni di partenza. Il combattimento è durato circa due ore, le forze attaccanti sono da valutarsi, anche per dichiarazioni di un prigioniero, superiori al centinaio. I tedeschi che hanno fatto l’azione appartengono a reparti di Gebirgsjaeger ed indossavano tute bianche.
Perdite nostre: Un sottufficiale morto (9), Cinque alpini feriti da schegge e bombe a mano.
Perdite nemiche accertate: 3 soldati morti, 1 soldato prigioniero.
Presumibilmente le perdite del nemico sono state molto gravi, essendo state notate sulla neve tracce di sangue e traccia di corpi trascinati. E’ stato rastrellato il seguente materiale: n. 2 mitragliatrici, 3 pistole mitragliatrici, 4 fucili Mauser con lanciabombe, 4 canne di ricambio per mitragliatrici, 5 cassette portamunizioni, 1 barella portaferiti, 30 caricatori per mitra, 20 bombe per Maser lanciabombe, 9 bombe a mano.
Il comportamento degli alpini è stato, anche in quest’occasione, degno di massima ammirazione.
(1) Il prode sergente maggiore Mario Falubba le cui condizioni di salute avevano reso non idoneo alle fatiche di guerra, ma che aveva voluto volontariamente rimanere a far parte della sua compagnia partecipando, fino all’olocausto della vita, al suo impiego." (10)

Il 17 aprile al I Raggruppamento Italiano fu assegnata la nuova denominazione di Corpo Italiano di Liberazione, passando alle dipendenze del X Corpo d’Armata britannico ed estendendo la propria linea di difesa. (11)
La vita sul monte Marrone era certamente scomoda e pericolosa per i continui bombardamenti di artiglieria e mortai, ma per tutto il mese di aprile furono eseguiti continui miglioramenti. Venne ultimato il lavoro per la mulattiera eseguito dal Genio del I Raggruppamento, che permise di trasportare a dorso di mulo i rifornimenti fino alla quota 1.770; un’altra mulattiera venne tracciata fino al pezzo su monte Castelnuovo.
Ai primi di maggio, le compagnie del battaglione "Piemonte" furono sostituite da quelle del XXXIII e del XXIX battaglione Bersaglieri.

Addio a Monte Marrone
Il battaglione "Piemonte", secondo gli ordini impartiti dal comando del C.I.L, partecipò all’operazione "Chianti" ed il 27 maggio 1944, mosse in avanti verso il colle dell’Altare, dovendo sostenere diversi scontri contro le retroguardie tedesche. Nei giorni successivi la colonna Briatore si spinse nella valle di Canneto, fino al santuario della Madonna di Canneto, dove incontrò di nuovo una vivace resistenza tedesca. Il 30 maggio, ricevette l’ordine di tornare indietro.
Il C.I.L. sarebbe stato trasferito su un altro settore del fronte... .
Il ricordo lasciato fra le popolazioni del Molise si mantenne negli anni e nel 1968 il comune di Scapoli volle omaggiare i soldati italiani con una lapide, alla quale seguì una seconda nel 1984.
In occasione delle cerimonie del trentennale, fu inaugurato con grande partecipazione di reduci il monumento a colle Rotondo, proprio alla base di monte Marrone. Opera dello scultore Vittorio Piotti, un alpino, esso è stato eretto a cura della Regione Molise, "il monumento simboleggia con i blocchi dedicati alle venti regioni italiane la liberazione delle quali è avvenuta anche grazie agli Alpini di Monte Marrone rappresentati dall’aquila che spezza le catene della dittatura dinanzi alle tre croci simboli dei martiri della libertà." (12)


Venne eretta la croce con l’aquila appoggiata, che svetta ancora oggi sulla cima del monte. Essa fu voluta dai reduci del battaglione e finanziata con i proventi del libro "Una guerra da signori: diario di guerra di un sergente degli alpini" scritto da un reduce, Sergio Pivetta, allora giovane sergente maggiore, volontario nel battaglione "Piemonte" che, come lui stesso racconta, aveva preferito lasciare il corso di Allievi Ufficiali che stava frequentando pur di raggiungere gli Alpini, rinunciando alla promozione ormai sicura; l’avanzamento al grado gli fu poi conferito per meriti di guerra

 

 


(1)     -Salvatore Ernesto Crapanzano, Op, Cit., pag. 97.

(2)     -Il 26 marzo 1944, il I Raggruppamento Motorizzato fu posto agli ordini del del 2° Corpo polacco e quindi sotto l’8a Armata britannica. Cfr. Salvatore Ernesto Crapanzano, Op. Cit., pag. 113.

(3)     -L’artiglieria della 5a divisione di fanteria polacca fu allertata dal 26 marzo. Essendo quella del battaglione “Piemonte” un’azione di sorpresa essa sarebbe intervenuta solo in caso di necessità. Cfr. Salvatore Ernesto Crapanzano, Op. Cit., pag.197.

(4)     -Cfr. Castren, Op. Cit., pag. 47 e seguenti.

(5)     -Ibidem

(6)     -Il rapporto è riportato in Cfr. Natalino Paone, Op. Cit.

(7)     -Davanti a monte Marrone i tedeschi schieravano il Hochgebirgsjaeger-Bataillon 3, dalla Costa San Pietro a monte Mare; alla sua destra il Gebrigs-Jaeger-Regiment 95; alla sua sinistra, l’Infanterie-Regiment 576, dalla valle di Mezzo a Scontrone. Cfr. Salvatore Ernesto Crapanzano, Op. Cit., pag. 118.

(8)     -Nella stessa notte una pattuglia tedesca si avvicinò alle posizioni del 68° reggimento Fanteria presso Castel San Vincenzo, lasciando sul campo un morto. Cfr. Salvatore Ernesto Crapanzano, Op. Cit., pag. 124.

(9)     -Cfr. Castren, Op. Cit., pag. 47 e seguenti.

(10)   -Cfr. Natalino Paone, Monte Marrone 1944, Cosmo Iannone Ed., Isernia, 2005, pag. 15

(11)   -Salvatore Ernesto, Crepanzano, Op. Cit., pag. 129.

(12)   -Cfr. Natalino Paone, Op. Cit.

 

 
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