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Comandante Mauri Salita al Monte Marrone 1° Gruppo Divisioni Alpine Fiamme Verdi in Montagna 1945 Tessera delle Fiamme Verdi how to use jquery lightboxby VisualLightBox.com v6.1
 
 

Gli Alpini nella Resistenza


L’armistizio dell’8 Settembre, lasciò gli alpini, sparsi su tutti i fronti, travolti anche loro dal disgregamento dell’esercito. L’Italia si divise in due blocchi e ognuno scelse la propria strada.
Se tanti vennero deportati nei lager in Germania, molti altri si diedero alla macchia costituendo formazioni partigiane.
Le penne nere svettavano su quel cappello che li aveva accompagnati nelle dure battaglie nella campagna di Russia e in quelle dei Balcani. Furono molti i partigiani alpini che al ritorno da queste disastrose campagne di guerra, nonostante avessero svolto il loro dovere sino alla fine, dopo l’8 settembre sentirono di dover difendere quella baita che nell’immaginario collettivo era simbolo della loro libertà e che dopo tale data era in pericolo.
Gli alpini furono da sempre pronti a compiere il loro dovere per difendere la terra dei loro avi, dei loro fratelli, ovvero, ciò che rappresentava la loro Patria.
Nel Cuneese si formò il 1° Gruppo Divisioni Alpine, in Valcamonica si costituirono reparti di Fiamme Verdi, nel Veneto Brigate partigiane ebbero gli stessi nomi di battaglioni alpini
In Montenegro, la Divisione Taurinense diede vita alla Divisione Partigiana Garibaldi.
Anche nell’Italia del Sud occupata dagli Anglo-Americani furono presenti gli alpini.
A Bari, all’atto dell’armisitizio, si trovavano presso il locale Comando Tappa 287 ufficiali, sottufficiali ed alpini, in attesa d’imbarco per raggiungere la divisione Taurinense in Montenegro. A questi si aggiunsero circa centocinquanta alpini del battaglione Fenestrelle in ripiegamento dalle Bocche di Cattaro. Si accamparono a Nardò (Lecce), ove giunsero altri alpini dalla Balcania con i quali si formò il 28 Ottobre 1943 un reparto esplorante alpino che il 4 Dicembre diviene battaglione alpini Taurinense su tre compagnie ed una batteria con pezzi da 75/13. Il 1 Gennaio1944 ,con l'inserimento del Btg Monte Nero del 176° Rgt,assume la denominazione di battaglione Piemonte (nappina rossa) al comando del Maggiore Alberto Briatore .

Gli alpini scampati dai fronti della Grecia e della Russia, con i loro racconti di guerra, con la descrizione dei drammi di cui erano stati protagonisti e vittime, con le notizie “vere” che la stampa di regime aveva sempre taciuto, contribuirono certamente a diffondere l’orientamento ideale da cui sarebbe nata la Resistenza, portando la testimonianza di un antifascismo di guerra rozzo e informe, ma comunque prezioso.

Fu così che le penne nere sentirono ancora una volta il dovere, questa volta non per rispetto degli ordini ricevuti, ma per propria volontà di riscatto, di mettersi a disposizione di quella Patria che tanto avevano agoniato nelle terre lontane sperando in un ritorno nelle loro case e che oggi sentivano minacciate da quell’ex alleato che proprio in quelle terre avevano iniziato a guardare con sospetto.
Così furono tanti i ragazzi che, nonostante le traversie appena passate, sentirono il dovere di imbracciare nuovamente le armi per difendere la libertà loro e dei loro cari, per cercare di cambiare una situazione che non permetteva di raggiungere ciò che era sempre stata nelle loro speranze: La pace.
Se il momento politico e di confusione divideva le formazioni partigiane tra ideologie e convinzioni religiose, una cosa era presente comunque in tutte le formazioni, quel cappello alpino che era comunque simbolo di dovere e di amor patrio che da sempre era ed è presente tuttora negli Alpini. E’ uno stralcio del regolamento delle Brigate Fiamme Verdi, esplicita maggiormente cosa spingeva gli alpini nel loro impegno nella guerra di liberazione:
« Il volontario, di qualunque fede politica esso sia, rinuncerà ad ogni propaganda che non sia contro tedeschi e fascisti ... »
Proprio le Brigate Fiamme Verdi, organizzate come gli alpini dai quali avevano mutuato le mostrine, operavano prevalentemente in montagna a livello locale, con radici popolari e non spinti da nessuna ideologia.
Il comando generale delle di queste formazioni venne assegnato al generale degli Alpini Luigi Masini. Il 28 giugno 1944 "Fieramosca" venne catturato per l'ennesima volta per una delazione da parte dell'amico Fiore Lutterotti, e fucilato.
Altre importanti formazioni furono quelle denominate 1° Gruppo Divisioni Alpine fondate dal Maggiore degli Alpini Enrico Martini, il famoso comandante “Mauri”.
Nell'estate del 1944, il 1º Gruppo Divisioni Alpine, comprendeva:
1ª Divisione Langhe comandante Enrico Martini
Brigata Castellino,
Brigata Mondovì,
Brigata Langhe ovest,
Brigata Pedaggera;
2ª Divisione Langhe comandante Piero Balbo
Brigata Belbo,
Brigata Bormida
Brigata Asti.
Le Brigate Bra, Amendola, Alba, Canale e Savona (ex Gruppo Bacchetta), queste non direttamente inserite nelle divisioni.
Nelle valli alpine era presente la:
4ª divisione Alpi,
Brigata Val Casotto
Brigata Val Mongia
Brigata Val Tanaro
Formate in gran parte da militari alpini rientrati dalla Russia o rimpatriati dal sud della Francia, svilupparono al loro interno una organizzazione di tipo militare, infatti i comandanti di queste formazioni sono ufficiali dell'esercito i quali rivendicano la loro apartiticità. Una delle più note è stata appunto quella comandata da Enrico Martini “Mauri”.
Sotto la sua guida la lotta armata si configura in modo nuovo, infatti forma dei piccoli gruppi, organizza nelle retrovie dei luoghi sicuri, dove riorganizzarsi, trovare rifugio, curare i feriti.
A Bastia Mondovì dal 1947 sul colle San Bernardo è stato costruito il sacrario del 1º Gruppo Divisioni Alpine, dove sono sepolti oltre ottocento caduti.
Anche gli alpini con le “stellette” contribuirono, accanto agli anglo-americani, in modo fattivo alla liberazione del nostro paese.
Il 31 Marzo 1944 il battaglione Piemonte, con un’ardita scalata notturna occupa di sorpresa Monte Marrone (mt 1805) ritenuto imprendibile dai tedeschi, e nei giorni seguenti difende la posizione dal contrattacco nemico. Questa azione, che lasciò di stucco i comandi alleati, trasformò gli stessi da scettici a rispettosi nei confronti dei militari italiani che avevano scelto di combattere al loro fianco. Di fatto questa azione con le successive occupazioni di Monte Mare e Monte Cavallo,forzò la linea Gustav sulla direttrice operativa della valle del Liri. Il 20 Luglio liberò Jesi. Il 19 Aprile 1945 conquistò quota 363 posizione chiave sul contrafforte tra la Val Zena e la Val Idice. Il 21 entra in Bologna, prosegue quindi coi reparti del Gruppo Legnano l’occupazione di grandi città del Nord sino alla fine delle ostilità.
L’altro battaglione alpino era il battaglione Abruzzi (nappina bianca) al comando del Maggiore Augusto De Cobelli costituito nell’Ottobre 1944 con elementi dei battaglioni L’Aquila e Val Pescara, il 25 Novembre mutò denominazione in battaglione L’Aquila. Combattendo a quota 160 in Valle Idice, contribuì al crollo della linea Gotica, aprendo così la strada alla liberazione di Bologna. Con le sue compagnie occupò Spluga, Tirano, Bormio, Stelvio, Pavia, Alessandria, Asti, Torino dove giunse il 2/5/1945.
Ancora una volta gli alpini scrissero pagine di gloria, senso del dovere e amor di Patria contribuendo a quella libertà di cui ancora oggi tutti noi beneficiamo.

E allora, quella famosa frase: “Sergent Maggiu, ghe riverem a Baita?”, si trasformò in: “Sergent Maggiu, difederem la Baita!”. E così fu.

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